Vita associativa

Largo al factotum della FIAB

Intervista a Federico Girardi

Chi sono i volontari FIAB e cosa li spinge a conciliare tempi di lavoro e impegni famigliari per dare una mano alla buona riuscita delle manifestazioni FIAB? In questa nuova rubrica cercheremo di dare una risposta che è anche un piccolo omaggio e un ringraziamento.

Da anni è il cuore e il motore della ciclofficina FIAB, impegnato anche sul versante della divulgazione delle competenze tecniche attraverso la rubrica “Tutorial bici” che trovate in ogni numero della nostra rivista Ruotalibera. Ma il particolare mix di metodo e creatività che caratterizza Federico Girardi trova applicazione in ogni campo dell’associazione. A lui, per esempio, si deve l’ideazione e la realizzazione dell’ingegnoso sistema di oscuramento delle vetrate che consente le proiezioni nella saletta conferenze FIAB. Un vero factotum, che a differenza del celebre Figaro dell’opera musicale, si distingue per la sua quasi proverbiale riservatezza.


– Come è iniziata la passione per la meccanica della bicicletta?

È nata da autodidatta, assieme ad altri amici d’infanzia, ma l’impennata di conoscenze e passione si è verificata con l’ingresso nella ciclofficina popolare “La Scatenata” che ha svezzato tanti ciclomeccanici veronesi.

– Cosa fai in realtà nella vita?

Sono un marito full time e nel tempo libero faccio il progettista industriale e project manager. Significa che penso, disegno, prototipizzo, industrializzo e metto in produzione seriale componenti per la saldatura autogena.

– Ti sei approcciato alla bici come hobby o come mezzo di trasporto?

Inizialmente facevo dei percorsi tecnici in MTB, poi l’ho usata soprattutto per gli spostamenti urbani sul percorso casa-lavoro.

– Quando hai incrociato la FIAB?

Un pomeriggio ero imbottigliato nel traffico di Basso Acquar e pensavo: “Questa scena mi ricorda qualcosa…”. E mi è venuta alla mente un’immagine del film “Un giorno di ordinaria follia”… Ho dunque pensato che dovevo assolutamente far qualcosa per non impazzire e così ho iniziato ad andare al lavoro in bici. In questo periodo mi sono avvicinato all’associazione. Sono iscritto dal 2006 circa; presidente allora era Paolo Fabbri e la sede era a San Zeno.

Lezione di… “foratura”

– Come funziona la ciclofficina? Che tipo di utenza richiama?

La ciclofficina è aperta a tutti, quindi l’utenza è variegata. Chi viene per un consiglio, chi per un problema; si cerca di dare risposta a tutti. Se c’è qualcosa che non si conosce ci si documenta e la si impara insieme. In questo modo si sviluppa la creatività e credo che questo vada a braccetto con il riciclo. Piuttosto che ricomprarla nuova, una cosa, è meglio aggiustarsela o rifarsela. La ciclofficina ha anche questo spirito. La ruota non la cambiamo, la raddrizziamo. Chi vuole, e chi può, lascia un contributo che ci consente di ricomprare gli attrezzi o i materiali (toppe, mastice, cavi…). Accade che ci portino bici da riparare ed adottare. Per deformazione professionale l’approccio ai problemi avviene con la tecnica dei Cinque Perché (5 Whys); in questo modo sopperisco alle lacune formative di ciclomeccanica.

– Come ti sembra sia cambiata (da ciclista urbano) la mobilità negli ultimi 15-20 anni a Verona?

Noto che ci sono più rastrelliere di una volta, anche se ci sono ancora dei punti carenti, come alla Biblioteca Civica. È un peccato, perché la città è famosa proprio per la rastrelliera “modello Verona”, comoda e sicura. Anche per quanto riguarda le strade, ci è stato dato più spazio a livello di ciclabili, e parlo di piste, non solo di corsie. Per il resto sono sia ciclista che automobilista, un compromesso che accetto. Come il nostro Marco Passigato (socio FIAB Verona, per anni nel direttivo nazionale dell’associazione, ndr) anch’io sono per le Città 30, cioè con un limite di velocità molto basso: si va tutti più piano ma ci si muove meglio. Purtroppo siamo molto lontani da questo modello, e nel frattempo anche le macchine sono cresciute in numero.

– Chi o che cosa dovrebbe spingere il cambiamento: la politica? Il mercato (vedi sviluppo cicloturismo)? Una spinta dal basso?

Va detto che la FIAB sta facendo un buon lavoro nel tenere viva l’attenzione sui ciclisti, continuando a pungolare le istituzioni. Secondo me c’è una componente molto pratica, nel senso che ci si rende conto che muoversi in macchina diventa sempre più impraticabile, e una componente di presa di coscienza da parte delle persone. Alcuni scelgono la bici, altri il monopattino, ma i tanti messaggi sui pericoli dell’inquinamento e degli eventi estremi legati al cambiamento climatico stanno facendo breccia. I temi ambientali sono spesso fattori di mobilitazione tra i giovani, vedi per esempio il movimento dei Friday For Future.

– Cosa è cambiato da quando tu eri uno studente?

È cambiato molto. Ai miei tempi si girava in motorino con la marmitta elaborata. Anch’io non badavo molto ai temi ambientali, solo più tardi mi sono posto certe questioni. Ora la situazione è più varia e talvolta portata agli estremi: c’è ad esempio chi bada a vestire ecosostenibile. Comunque ci sono ancora ampie sacche di disinteresse o scarsa sensibilità. In ufficio, per dire una piccolezza, capita spesso di trovare condizionatore acceso e finestre aperte. Io sono noto per essere quello che le chiude.

(da Ruotalibera 172 – ottobre-dicembre 2021)

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Michele Marcolongo

Michele Marcolongo è nato il 5 novembre 1975 a Verona, la città dove vive. Laureato in Scienze Politiche all’Università di Padova con il massimo dei voti, dal 2005 svolge attività giornalistica e di comunicazione collaborando con quotidiani, riviste e come addetto stampa di associazioni ed esponenti politici. Nel campo della comunicazione per la mobilità sostenibile dall’ottobre 2010 collabora con il trimestrale BC (la rivista di FIAB nazionale) mentre è da ben più tempo addetto stampa di FIAB Verona e capo redattore della rivista Ruotalibera.
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