Il punto del Presidente

Un ministero che non pedala più?

Che dire, forse in questo recente anno e mezzo ci eravamo abituati bene…

Tra febbraio 2021 e ottobre 2022, durante il governo precedente, la denominazione del MIT (Ministero Infrastrutture e Trasporti) era stata modificata in MIMS (Ministero delle Infrastrutture e Mobilità Sostenibili), ma non era solo una questione formale.

C’era un ministero che lavorava sul serio per incentivare la mobilità attiva, con dirigenti che, spesso ospiti degli incontri organizzati da FIAB, non perdevano occasione per evidenziare la comune sensibilità verso una vita urbana e un impiego del tempo libero più a misura delle persone e meno delle auto. Durante quei mesi, come base per il piano di sviluppo del Sistema Nazionale delle Ciclovie Turistiche (composto per ora da 10 ciclovie di cui ben 5 passanti per il Veneto, ovvero la Sole Verona-Firenze, la ciclovia del Garda, la VenTo sul Po, la Venezia-Trieste e la ciclovia Adriatica) si era scelto di recepire per intero il pluridecennale lavoro fatto da FIAB con Bicitalia; più in generale, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dello scorso ottobre aveva visto la luce il Piano Nazionale della Mobilità Ciclistica, in cui vengono definite le linee guida degli investimenti da destinare alla mobilità sostenibile negli anni a venire, ma ad esempio viene anche sollecitata l’applicazione delle novità del Codice della Strada introdotte nel corso del 2020 come il doppio senso ciclabile, le case avanzate e così via.

Questa “epoca d’oro” pare essere terminata dopo le ultime elezioni di settembre. Al di là del ritorno al precedente nome MIT, l’attuale titolare del dicastero – già autore di ripetuti attacchi alle scelte del Comune di Milano per favorire la mobilità ciclistica – ha fatto affermazioni tanto eloquenti quanto inquietanti sul modello di “Città 30” (ovvero, centri urbani dove il limite di 30 km/h sia la prassi tranne che in pochi selezionati assi di scorrimento e dove si tenda via via a disincentivare l’uso dell’auto privata, a partire dalla riduzione della sosta), che a suo dire sarebbe solo un impiccio per chi “vuole lavorare”, e su una possibile introduzione dell’obbligo di casco per la mobilità dolce.

Tali affermazioni mostrano una funesta ignoranza di come funzionano le cose nell’Europa con cui vorremmo confrontarci. Da un lato si fa finta di non vedere l’evidente diffusa evoluzione verso il modello di “Città 30” coi suoi benefici per tutti gli utenti della strada (sottolineiamo: per tutti, compresi gli automobilisti portati a essere molto più attenti e prudenti); dall’altro non si vuole riflettere sul fatto che in nessun paese europeo esiste l’obbligo di portare il casco, per il semplice motivo – già testato in passato con effetti chiari – che sapere che si può essere sanzionati solo perché si gira in bici senza indossarlo provoca un drastico calo del numero dei ciclisti, con forti ricadute sulla sicurezza dei restanti secondo il noto principio Safety in Numbers, ovvero: la sicurezza è legata al numero di ciclisti in circolazione, meno ce ne sono e più statisticamente avvengono incidenti che li coinvolgono. (Attenzione: con questo non si vuole dire che portare il casco sia inutile, anzi, il suo impiego resta consigliato; si sta solo dicendo che questo consiglio non deve diventare obbligo di legge, un concetto che all’estero è chiaro da tempo ma qui da noi viene riproposto a intervalli intermittenti e ora potrebbe addirittura passare.)

Se, come questi segnali paiono confermare, l’attenzione del Ministero verrà ora concentrata più che altro sul varo di “grandi opere” con un sostanziale disinteresse – se non addirittura ostilità – verso i temi della mobilità sostenibile, dobbiamo prepararci ad anni non facili in cui si dovrà lottare anche per mantenere le cose finora acquisite, sia per i ciclisti di destra che per quelli di sinistra.

Comunque andrà, mi raccomando, per tutti noi sarà solo una ragione in più per continuare a pedalare.

(da Ruotalibera 178 – aprile-giugno 2023)

Immagini della campagna Non è un paese per bici (ma lo può diventare)
tratte dal sito CleanCities (cleancitiescampaign.org)

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