Dov’eravamo rimasti? Diceva Enzo Tortora tornato a Portobello dopo l’ingiusta condanna subita. Ah, sì con la faccia a terra, sul duro e freddo asfalto, con un infarto in atto e alcune persone che, per fortuna mi hanno soccorso.
Che strano, per un attimo ho ripensato non alla mia vita passata (come dicono nei romanzi), bensì a quella futura che non avrei avuto. A tutti gli impegni che avrei disatteso. Primo fra tutti quello con i ragazzi che mi aspettavano a Villa Buri. Ho fatto telefonare al Presidente, scusandomi per l’assenza. E, non ci crederete, assieme a tutti i lavori che avrei lasciato incompiuti, anche a quelli di FIAB. Questo canton, ad esempio, come sarebbe uscito? Listato a lutto? Con quale articolo di commemorazione? Chi l’avrebbe scritto? Domande oziose, dal momento che la fortuna e le tante persone che mi hanno assistito hanno permesso al vostro scrivano di occupare ancora una volta, indegnamente, questa quarta di copertina.
La fortuna aiuta… i fortunati.
Quella mattina, infatti, contrariamente alle altre occasioni in cui andavo a Villa Buri a insegnare ai bambini il valore del movimento e la bellezza dell’andare in bicicletta, avevo dimenticato il casco. Mi capita, anche perché la mia testa è fuori misura e nel casco entra sempre a fatica. Quando, persa conoscenza, sono caduto a peso morto sull’asfalto e a faccia in giù, il naso ha fatto quello che avrebbe fatto la visiera del casco: mi ha riparato la testa.
Poiché la bicicletta fa comunque bene e già una volta mi aveva salvato la vita, è impensabile decidere di abbandonarla. Sarebbe un suicidio. Però d’ora in avanti mi imporrò di portare più spesso il casco. Certo non mi proteggerà dall’infarto o dall’arrotamento di un camion, ma almeno il naso non me lo romperò più :).
(da Ruotalibera 151 – gennaio/febbraio 2017)