Storie di Ciclisti

Suor Bartali

Suor Lina si chiamava, ma tutti la conoscevano come Suor Bartali perché nello svolgere il suo servizio quotidiano a favore dei bisognosi passava intere giornate in sella a una scassatissima bicicletta da donna. Ogni tanto qualche benefattore gliene regalava in maniera anonima una nuova, ma lei non la teneva per sé nemmeno un minuto, la regalava a qualcuno o la consegnava in convento perché lei, al voto di povertà pronunciato, ci credeva sul serio.

La monaca era stata in missione parecchi anni, una volta rientrata in Italia aveva chiesto di essere mandata in qualche quartiere popolare ad occuparsi dei poveri, perché sentiva che quella era la sua vera vocazione. L’avevano accontentata mandandola in una parrocchia di periferia ad aiutare le numerose famiglie in difficoltà abitanti un sobborgo di Verona.

Diventata da subito un membro a tutti gli effetti di quella comunità, per merito di quelle sue doti ciclistiche era stata affettuosamente ribattezzata Suor Bartali, un nomignolo che non la offendeva ma del quale andava anzi orgogliosa, perché in gioventù aveva tifato per il corridore toscano del quale apprezzava, oltre al talento sportivo, le qualità umane e, cosa per lei ancora più importante, la fede profonda. Qualcuno la chiamava anche la suora delle sporte perché portava sempre un paio di borse di plastica appese al manubrio della bicicletta.

disegno di Luigina Verzini

Suor Lina girava tutto il giorno cercando cibo per i suoi poveri, entrava nei supermercati e dai grossisti del mercato ortofrutticolo, chiedeva cibi in scadenza, frutta e verdura non più commerciabili, distribuendoli immediatamente a chi ne aveva bisogno. Suor Lina non si limitava a sfamare quella gente, molti erano i primi extracomunitari arrivati da noi, ma si dava anche da fare per trovare loro un’occupazione e una casa dignitosa. I posti di lavoro si trovavano spesso un po’ lontani dal quartiere e allora la suora si metteva anche a cercare un mezzo di trasporto, che naturalmente per Suor Bartali non poteva essere che una bicicletta.

La religiosa veniva dai dintorni di Bassano del Grappa, terra di ciclisti, di costruttori di velocipedi e di salite famose del Giro d’Italia, il padre e i fratelli erano tutti appassionati ed esperti delle due ruote e lei stessa, oltre a muoversi esclusivamente su questo veicolo, di biciclette se ne intendeva parecchio.

Mio padre era diventato amico di Suor Lina e, pur non essendo religioso, aveva grande stima e rispetto per lei. La suora da parte sua lo considerava un “bon omo”, appellativo che in Veneto significa molto di più che avere buon carattere, virtù che in ogni caso non figurava tra quelle di mio padre.

Nonostante la considerazione reciproca il loro primo incontro era stato comunque piuttosto burrascoso. La monaca appena arrivata in quartiere si era subito informata dove si trovasse il meccanico ciclista più vicino, e la mattina del giorno dopo era piombata in officina chiedendo una bicicletta usata. Mio padre, vedendo quella suora anzianotta e dall’aria ingenua, aveva fiutato l’affare tirando fuori uno dei carciofoni che stava cercando di piazzare ormai da troppi mesi. Nel nostro gergo un carciofone non è un sottaceto ma un articolo, diciamo così, difficile da commerciare.

– Ho proprio quello che fa per lei, sorella. –

Suor Lina aveva dato appena un’occhiata alla bicicletta pronunciando in un attimo la sentenza nel suo cantilenante dialetto vicentino.

– Senti capo diamoci del tu va là, che mi pare che siamo vecchi uguali, ‘sta rebóngia qua vendela alle sémpie delle tue clienti sióre ma non provarci a sbolognarla a me! –

E aveva cominciato a snocciolarne, una a una, tutte le magagne lasciando l’altro senza parole, arrabbiato ma nello stesso tempo ammirato dalla competenza della monaca.

– Ah, sì, se no avrei anche quest’altra… –

– Vedi che incominciamo a ragionare dài, trattami bene e questa me la porto via. –

La suora tornava poi spesso in officina per riparazioni che il più delle volte non le facevamo pagare, quando capitava qualche bici usata discreta e a buon prezzo mio padre diceva:

– Questa la teniamo da parte per Suor Bartali. –

In ogni caso al momento di mostrargliela, in via precauzionale, gliene elencava tutti i difetti.

– Sono già rimasto scottato una volta con quella maledeta vesentina lì e mi è bastato! –

Finiti gli affari i due si fermavano un po’ a chiacchierare di corridori d’altri tempi e di itinerari intorno a Bassano che entrambi avevano percorso in bicicletta. Mio padre era stato poi ammalato per molti anni e Suor Lina lo veniva ogni tanto a trovare. Una volta, spinta dalla sua fede ingenua, gli aveva portato un’immagine della Madonna, l’unico modo che lei conosceva di aiutare un amico in difficoltà.

– So che non credi a ‘ste robe qua ma non importa, ci credo io ed è sufficiente. –

di Alfredo Nicoletti

(da Ruotalibera 167 – luglio-settembre 2020)

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Redazione Ruotalibera

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